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Fuori pericolo la donna che si è lanciata con la figlia. Ecco la confessione

Fuori pericolo la donna che si è lanciata con la figlia. Ecco la confessione rilasciata agli inquirenti

Dal suo letto di ospedale, la donna che si è lanciata dal nono piano insieme alla figlia, morta nella caduta, è stata interrogata dagli inquirenti. «La mia assistita – ha detto l’avvocato della donna – ha subito una lesione alla colonna vertebrale ed è stata operata. È fuori pericolo e nessuna funzione vitale è stata compromessa così come non è compromessa la mobilità degli arti inferiori e superiori». 

Per questo motivo è stato possibile interrogarla. «Volevo uccidermi e non volevo che mia figlia rimanesse senza di me» ha detto al pm. Il suo legale, l’avvocato Massimo Ricci Maccarini, racconta che la sua assistita avrebbe detto «di aver sospeso nelle ultime settimane l’assunzione dei farmaci per la cura del suo disturbo psichico». «Una parte di lei sta maturando il fatto che abbia scelto la strada sbagliata. Quando la figlia le ha detto “No mamma, non farlo”, è stata sul punto di desistere, proprio all’ultimo minuto. Poi però ha deciso di continuare nel suo intento rassicurando la figlia, “Non succede niente” le ha detto».

La donna ha risposto a tutte le domande, continua il legale: «E’ perfettamente consapevole della morte della figlia. E’ addolorata ma anche molto lucida. Quando al gesto, credo fermamente che debba essere considerata incapace di intendere e di volere».

Ha proseguito il legale: «Ha raccontato di aver deciso di uccidersi e di uccidere la figlia e il cane – ha detto – così come ha confermato di aver individuato all’interno della cerchia familiare persone ostili». Il riferimento è al post pubblicato su Facebook poche ore prima della tragedia: «C’erano state discussioni sul superbonus per i lavori in corso nel condominio. Sono questioni che spesso attanagliano molte famiglie ma per lei era tutto amplificato. E’ una donna dolcissima, molto sensibile. Durante l’interrogatorio ha ribadito che la figlia non doveva rimanere senza la sua protezione alla luce dei tanti problemi all’orizzonte, tra cui presunti debiti che si sarebbero accumulati. Credo che non debba essere punita per quello che ha fatto ma curata e seguita nel migliore dei modi, per la sua sicurezza».

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Una zia della donna punta il dito contro l’Azienda sanitaria. Ha detto a ‘Ore 14’: «Aveva dei problemi e il Centro di salute mentale non è stato in grado di seguirla». «Andava tutti i mesi al Csm, aveva i colloqui, ma il risultato è questo. Bisogna rivedere tutto: non è possibile che una persona malata possa decidere», continua la donna. «A noi, quando chiamavamo per chiedere aiuto, ci dicevano che non potevamo decidere per lei e che doveva essere lei a farsi ricoverare: ma come fa una persona che non riconosce di essere malata a chiedere di farsi ricoverare? È sbagliato. Per questo la zia e il padre poi diventano i tiranni, perché sono loro che l’hanno fatta ricoverare, per questo lei ha tirato fuori questo odio», dice ancora riferendosi all’ultimo post su Facebook della donna. «Se i dottori del Csm o gli assistenti sociali l’avessero seguita venendo a casa e capendo il suo stato… Invece la famiglia che ha una persona che sta male in casa è completamente sola e abbandonata».

Amalia Vingione

Amalia Vingione è laureata in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli e presso lo stesso Ateneo consegue la laurea specialistica in Filologia Moderna con indirizzo in Italianistica. Consegue un Master in Editoria e Comunicazione presso il Centro di Formazione Comunika di Roma. Attualmente lavora come Editor, Copywriter per diverse Case editrici e Giornali e si occupa di Comunicazione per enti e associazioni.

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