Roma, un detenuto di Regina Coeli dorme da 4 mesi. Malattia o simulazione? Il caso sembra un giallo di difficile soluzione
Un detenuto di 28 anni, originario del Pakistan, è detenuto nel carcere romano di Regina Coeli. Fin qui niente di strano, se non fosse per il fatto che il giovane dorme ininterrottamente da 4 mesi. Per questa caratteristica è stato soprannominato il “simulatore” e a rendere nota la sua storia è stata Susanna Marietti, coordinatrice dell’associazione Antigone, che sui social scrive:
“Nel carcere di Regina Coeli ho incontrato l’uomo che dorme. Era all’inizio dello scorso giugno, ma so che lui è ancora lì. In questi mesi ho chiesto notizie, spiegazioni, soluzioni. Ma non sono riuscita ad arrivare a capo di nulla.”
Poi aggiunge: “L’ho incontrato in una stanza di degenza del centro clinico del carcere. Dormiva. O comunque era sdraiato sul letto, a occhi chiusi e immobile. L’infermiere mi ha spiegato che il ragazzo dorme sempre. Lui gli svuota il catetere, gli cambia il pannolone, gli infila un po’ di cibo liquido in bocca che l’uomo deglutisce in maniera meccanica. Gli ho domandato da quanto tempo il ragazzo si trovasse in quelle condizioni. Alcuni mesi, mi è stato risposto“.
Leggi anche: QUINTA DOSE DI VACCINO ANTI-COVID, ECCO CHI LA DEVE FARE
Continua Susanna Marietti: “Ho provato a dire che la simulazione è un comportamento che viene messo in atto intenzionalmente e che nessuno simulerebbe mesi di morte apparente. Mi sono chinata sul volto del ragazzo e gli ho parlato all’improvviso e ad alta voce. Non ha mosso un muscolo della faccia. Ho chiesto al suo compagno di stanza se per caso lo avesse mai colto ad alzarsi dal letto per sgranchirsi le gambe, magari in piena notte quando credeva di non essere osservato. Mi ha risposto di non averlo mai visto con gli occhi aperti e non aver mai sentito la sua voce. Stava solo così, sdraiato nel letto a occhi chiusi, a ogni ora del giorno e della notte“.
Malattia o simulazione? Dice Marietti: “Il ragazzo non ha nulla di oggettivo dal punto di vista medico. Quindi non c’è nulla che si possa fare per lui: non un provvedimento di incompatibilità con il carcere per motivi di salute, non un trasferimento in luogo di cura. I medici davvero si sono impegnati a cercare di capire la situazione dal punto di vista clinico, non ho motivo per dubitarne. Sono andata all’ufficio matricola del carcere per chiedere informazioni e ho visto con i miei occhi quante volte colui che anche qui continuavano a chiamare “il simulatore” sia stato condotto in strutture esterne nella speranza di una diagnosi. Figure apicali del carcere in queste settimane si sono dedicate con grande impegno a cercare di individuare una soluzione praticabile. Ma sembra non esserci“.
Conclude il lungo post con una denuncia: “La colpa non è di nessuno in particolare. Ma in un sistema che può tollerare la presenza dell’uomo che dorme in una cella al centro di Roma c’è qualcosa che non funziona“.