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Crollo Marmolada, le possibili cause che hanno generato la tragedia

Crollo Marmolada, le possibili cause che hanno generato la tragedia. Il principale indiziato è il cambiamento climatico

Sono diverse le ipotesi espresse dagli esperti sulle cause che hanno portato al crollo del ghiacciaio sulla Marmolada. Sicuramente c’è l’innalzamento delle temperature, dovuto al riscaldamento climatico.

Tra questi c’è l’alpinista Reinhold Messner, che all’AGI ha dichiarato: “Sono salito più volte sulla Punta di Rocca, ma non vado lì da tanti anni ormai. Il ghiaccio lì è quasi tutto andato, non c’è più ghiaccio. Questi seracchi cadono, certo, per la gravità, ma la causa vera, originaria, è il caldo globale, che fa sciogliere i ghiacciai e rende più probabile che si stacchi un seracco. Ciò che è accaduto lì, accade ogni giorno in tutti i ghiacciai”.

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Il glaciologo Renato Colucci a Fanpage ha detto: “Da settimane le temperature in quota sulle Alpi sono state molto al di sopra dei valori normali, mentre l’inverno scorso c’é stata poca neve, che ormai quasi non protegge più i bacini glaciali. Il caldo estremo di questi ultimi giorni, con questa ondata di calore dall’Africa, ha verosimilmente prodotto una grossa quantità di acqua liquida da fusione glaciale alla base di quel pezzo di ghiacciaio che in realtà è una ‘pancia”.

Sempre a Fanpage, il glaciologo Aldino Bondesan dell’università di Padova, ha spiegato: “In 100 anni perso il 90% del volume, quest’anno è il peggiore. Peggiore del 2003, quando si verificò il massimo arretramento stagionale dei ghiacciai. La fusione media dei 200 ghiacciai sulle Alpi ha raggiunto 1,5-2 metri all’anno. Per alcuni lo spessore si è ridotto a 60/70 metri. È preoccupante. Le condizioni della Marmolada, poi, sono particolari: il versante è abbastanza regolare, su un piano inclinato, ma si tratta di un ghiacciaio di pendio, non incastonato in una valle bensì a fronte aperto. E quindi è meno stabile, si trova su uno scivolo e manca il ghiaccio davanti che sostenga quello a monte. Con il processo di fusione si libera una grande quantità d’acqua, che si infiltra nei crepacci e favorisce il distacco del ghiaccio dalla roccia. L’acqua insomma funge da lubrificante, creando le condizioni ideali per i crolli: è quello che si definisce rischio glaciologico”. 

Fonte immagine: https://twitter.com/siriomerenda/status/1543886078117122050/photo/1

Amalia Vingione

Amalia Vingione è laureata in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli e presso lo stesso Ateneo consegue la laurea specialistica in Filologia Moderna con indirizzo in Italianistica. Consegue un Master in Editoria e Comunicazione presso il Centro di Formazione Comunika di Roma. Attualmente lavora come Editor, Copywriter per diverse Case editrici e Giornali e si occupa di Comunicazione per enti e associazioni.

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