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L’insostenibile pesantezza dell’essere ipocondriaco al tempo del Covid-19

Care lettrici, cari lettori,

in tempi di Covid la vita per noi ipocondriaci è particolarmente dura. Viviamo, come tutti, nella paura, ma nel nostro caso più che paura si tratta di terrore vero e proprio. Ogni momento è buono per vedere ovunque occasioni di contagio. Dalla persona che indossa male la mascherina agli ambienti troppo affollati, dai tasti dell’ascensore da sanificare all’ospite da invitare a cena.

Ogni cosa ti fa salire l’ansia alle stelle. Vivi ogni giorno tra gel all’alcol e spray disinfettanti. Li acquisti con un piacere mai provato, li annusi e più sanno di alcol più ti senti appagato.

A proposito di ospite da invitare a cena. Come tirare fuori il termometro a scanner prima di farlo entrare a casa? Una volta partivo dai massimi sistemi, adesso lo estraggo come una colt dalla tasca dei pantaloni e dico: <<Ti dispiace?>>. Qualcuno mi ha risposto pure di sì e ha alzato i tacchi, ma ai miei occhi non si è trattato di una grave perdita.

Poi c’è il dramma mascherina. Quando finisci le FP2, quelle che ti ammazzi dalla fatica a respirare quando le indossi, ma sono sicure per te per gli altri, è una tragedia. Ripieghi sulle chirurgiche, che sono quelle verdi per capirci, ma sei terrorizzato che chiunque incroci possa attaccarti qualcosa. Prima me le dimenticavo spesso a casa. Oggi le ho sistemate sul ripiano del bagno e le indosso subito dopo la crema idratante per il viso. Il che fa sì che incominci a sudare come un asino da soma e ti convinci di essere preda dell’ennesimo attacco di panico.

A conti fatti gli unici momenti veramente sereni sono quelli in cui ricevi al tuo indirizzo email l’esito del tampone (ne avrò fatti a pagamento una dozzina), che ti confermano puntualmente di esserti agitato per nulla. Dopo circa una settimana ricompare però puntualmente un sintomo: basta un colpettino di tosse nel cuore della notte, uno starnuto di troppo o la fronte meno ghiacciata del solito per far ripartire il film. Un film che si potrebbe intitolare “L’insostenibile pesantezza dell’essere”. Il mio.

Alla prossima!

admindaily

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