Giacomo Passeri, detenuto in Egitto: “torturato e abbandonato senza cure per giorni”. Le parole del fratello
Giacomo Passeri da circa 11 mesi è detenuto nel carcere de Il Cairo. L’uomo ha 31 anni, è di Pescara, vive a Londra e nelle poche lettere che è riuscito a far arrivare alla famiglia scrive, disperato, di essere stato “torturato”, “rinchiuso per ore in una cella piena di feci, urine, scarafaggi, con le manette talmente strette da non far più scorrere il sangue nelle dita”, trasferito poi in un’altra gabbia con “12 detenuti accusati di omicidio, tentato omicidio”, operato d’appendicite e “abbandonato senza cure per giorni”, tra agenti che gli “tiravano acqua addosso” e lo “minacciavano in arabo”, “se non fosse stato per il medico che diceva basta non so come andava a finire. Che incubo che sto vivendo, fratello mio”.
Il fratello di Giacomo, Andrea Passeri, dice: ”Da agosto scorso non siamo mai riusciti a vederlo e neppure a sentirlo. Eppure ci abbiamo provato, tramite l’Ambasciata italiana che si trova al Cairo, tramite un costosissimo avvocato che abbiamo trovato da quelle parti e tramite conoscenti”. Giacomo è ”detenuto dallo scorso mese di agosto, nel carcere Badr 2. Speriamo che si riesca a riportarlo a casa al più presto, sano e salvo, è tutto quello che vogliamo”
“Abbiamo avuto, sporadicamente e raramente, qualche stralcio di lettera, che è riuscita a farci arrivare di nascosto. Circa un mese e mezzo fa l’altro fratello che sta Roma, Marco Antonio, tramite Ambasciata, ha fatto richiesta di andare a visitarlo, siamo in attesa di risposta. Stiamo premendo anche per una videochiamata, perché non conosciamo le sue reali condizioni e siamo preoccupati. Ogni tanto, tramite intercessioni, riusciamo a fargli avere qualche messaggio tramite whatsapp”.
Giacomo è stato arrestato perché deteneva droga: sulla quantità al momento non c’è chiarezza, ma familiari parlano di marijuana per uso personale. ”Al di là dei fatti e delle contestazioni che gli vengono mosse – continua il fratello – alla famiglia, per cui questa vicenda si trascina da quasi un anno ormai, preme sapere che stia bene e che venga curato in caso di necessità e trattato come un essere umano va trattato. Finora, su questa vicenda, abbiamo riscontrato disinteresse generalizzato. Ora speriamo che le istituzioni siano più presenti e si mobilitino”.
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Dai pochi documenti spediti solo in lingua araba emergerebbero, da parte della polizia egiziana, accuse più gravi: detenzione e traffico di stupefacenti oltre a quella di far parte di far parte di una piccola rete di spaccio sul mercato locale.