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Femminicidio di Roma, il marito di Annarita Morelli non voleva la separazione

Femminicidio di Roma, il marito di Annarita Morelli non voleva la separazione e voleva continuare a controllare la donna

«Ho ucciso mia moglie», sono queste le parole che Domenico Ossoli, 73 anni, ex autista della compagnia di autobus Troiani, ha pronunciato entrando in una tabaccheria poco distante dal luogo in cui è stato rinvenuto il cadavere della moglie Annarita Morelli, 72 anni, raggiunta dal proiettile all’addome

Un omicidio premeditato, secondo la procura. L’uomo infatti, poi condotto in caserma, aveva più volte detto ai tre figli: «piuttosto l’ammazzo, non le do la separazione». Per la procura nessun dubbio sul femminicidio, maturato come tanti altri, contro una donna che, in quanto tale nella mente del suo assassino, «non aveva il diritto di essere libera e prendere decisioni autonome rispetto al marito».

«E’ evidente – scriva il pm nel decreto di fermo – la volontà omicidiaria dell’uomo, che attirava la donna colpendola a bruciapelo con un’arma da fuoco, nonché l’evidente incompatibilità di quanto constatato dal medico legale sulla non volontà omicidiaria». Il movente dell’omicidio, conclude la procura, va dunque individuato nella «volontà della donna di sottrarsi al suo controllo ossessivo».

«Domenico era ossessionato dai soldi che doveva alla moglie, non volevo mantenerla, ne parlava di continuo» racconta lo stesso Salvatore Grosso, titolare dell’officina in via Ugo Foscolo proprio accanto all’abitazione dove per 40 anni hanno vissuto i due coniugi

«A marzo c’era stata la prima udienza, Annarita voleva andare avanti, troppi i tradimenti subiti. E alla fine lei aveva trovato un suo equilibrio, mamma esemplare prima e nonna tanto presente ora. Lui però la separazione non la voleva, le aveva chiesto di ripensarci», racconta una amica della vittima che vive nel suo stesso palazzo, al terzo piano. 

«Da quando il marito se n’era andato – racconta ancora la vicina -, a causa della separazione avviata, si era messa a fare dei lavoretti per arrotondare i 300 euro che lui le dava al mese. Non voleva pesare, né chiedere nulla. E così andava a casa della gente a fare i mestieri, dava una mano alle nuore coi bambini mentre lavoravano. Non si fermava mai», sottolinea la donna.

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La mattina dell’agguato, la donna era tranquilla, non sospettava nulla. La veterinaria, da cui si era recata, ha raccontato: «Veniva sempre da noi. È arrivata prestissimo, perché io l’ho incrociata mentre andava via da sola, in auto, pochi minuti dopo le 8. Era passata per ritirare la ricetta di un antiparassitario, ma era tranquilla».

Amalia Vingione

Amalia Vingione è laureata in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli e presso lo stesso Ateneo consegue la laurea specialistica in Filologia Moderna con indirizzo in Italianistica. Consegue un Master in Editoria e Comunicazione presso il Centro di Formazione Comunika di Roma. Attualmente lavora come Editor, Copywriter per diverse Case editrici e Giornali e si occupa di Comunicazione per enti e associazioni.

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