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Teheran, i manifestanti condannati saranno impiccati

Teheran, i manifestanti condannati saranno impiccati, tra questi anche la compagna di cella di Alessia Piperno

La stretta del governo iraniano sui manifestanti che protestano dopo la morte di Mahsa Amini si fa sempre più forte. Il capo della magistratura di Teheran Gholahossein Ejei ha fatto sapere a fonti di stampa che presto impiccheranno i manifestanti condannati. Le accuse a loro carico sono molto pesanti per la legge islamica: “guerra contro Dio” e “corruzione sulla Terra”. La decisione arriva dopo la diffusione della notizia relativa alla presunta abolizione della polizia morale, quella deputata a “diffondere la cultura della decenza del velo islamico”.

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La notizia è stata diffusa dal quotidiano riformista Sazandegi, che scrive: “Mentre il procuratore generale ha affermato che la polizia morale è stata abolita, il dipartimento delle pubbliche relazioni della polizia ha rifiutato di confermare questa abolizione”. Tra le condannate a morte c’è anche Fahimeh Karimi, condannata per aver protestato e soprattutto per aver dato un calcio a uno dei pasdaran che tentava di fermarla. La notizia ha sconvolto la sua compagna di cella Alessia Piperno, che su Instagram ha scritto un messaggio commovente:

Sei bianca come quel muro, sarà che a forza di guardarlo, ha mangiato i tuoi respiri.
Siamo nascoste in un punto cieco qui, le tue urla sono come il silenzio, fai a pugni con la porta e calpesti le tue stesse lacrime. “AZADI! AZADI!”
Ti canto Bella ciao, e tu ti metti a piangere, altre volte mi batti le mani.
Vorrei dirti di più, ma che ti dico?
Ho paura, anche io.
“Fatimah, Athena, Mohammed”.
Continui a gridare i nomi dei tuoi figli, avranno sentito il tuo eco o l’amore non viaggia attraverso le sbarre?
Aprono quella porta perché fai troppo rumore, ma siamo carne senza vita noi, e ci schiacciano come foglie secche, ascolta, loro non hanno cuore.
Ti butti a terra con la testa tra le mani, premi con le dita contro le tue tempie, vuoi strappare i tuoi pensieri, farli uscire dalle tue orecchie, sono sabbie mobili, lo so bene.
Domani è un giorno nuovo, magari saremo libere, anche se si, hai ragione, te l’ho detto anche ieri.
Arriva la pasticca che ci canterà la ninna nonna, ti prendo la mano, è quel poco che posso fare, metti la testa sotto la coperta, almeno lì le luci sono spente, guarda il cielo, le vedi anche tu le stelle?
Buona notte Fahimeh.

Fahimeh è stata la mia compagna di cella per 34 giorni.
Un giorno è uscita dalla cella per andare in infermeria, e non è più tornata.
Tra di noi non ci sono state grandi conversazioni, dal momento che io non parlavo farsi e lei non parlava inglese.
Ma eravamo unite dallo stesso dolore e dalle stesse paure.
Ho cercato il suo nome ogni giorno da quando sono tornata, per controllare se avessero liberato anche lei.
Invece mi sono trovata davanti a un articolo con il suo volto con scritto “condannata a morte”.
Cosa serve per fermare tutto questo?
Cosa cazzo serve?

Fonte immagine: https://twitter.com/Savash_Porgham/status/1598041925483130880/photo/1

Amalia Vingione

Amalia Vingione è laureata in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli e presso lo stesso Ateneo consegue la laurea specialistica in Filologia Moderna con indirizzo in Italianistica. Consegue un Master in Editoria e Comunicazione presso il Centro di Formazione Comunika di Roma. Attualmente lavora come Editor, Copywriter per diverse Case editrici e Giornali e si occupa di Comunicazione per enti e associazioni.

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