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Referendum Giustizia, i motivi del fallimento

Il Referendum sulla Giustizia di ieri è stato un vero fallimento. Il quorum necessario ai fini della validità delle votazioni (50%+1 degli aventi diritto al voto) non è stato raggiunto. Nel corso della giornata di domenica si sono attestati i valori più bassi di sempre per la partecipazione alle urne, circa il 23%. L’evento era già stato messo in conto attraverso i sondaggi che si sono tenuti nelle scorse settimane dove agli elettori fu chiesto se avessero partecipato o meno alla votazione. I quesiti posti al referendum sono stati: “Abrogazione della legge Severino; Custodia cautelare; Separazione delle carriere; Valutazione dei magistrati; Candidatura al Consiglio superiore della magistratura.” Abbiamo elencato quelle che, secondo noi, sono le cause del fallimento del Referendum.

La complessità di alcuni quesiti referendari

La complessità di alcuni quesiti referendari che hanno alimentato un sentimento di inadeguatezza rispetto alle questioni oggetto di voto: se in Italia le competenze linguistiche e matematiche sono inferiori alle media dei 36 paesi Ocse, possiamo solo immaginare quali possano essere le competenze in ambito giuridico e istituzionale. Riguardo almeno tre dei cinque quesiti referendari la stragrande maggioranza, secondo i sondaggi, dichiarava di non essere in grado di valutare le conseguenze. Quasi nessuno sapeva dell’esistenza dei Consigli giudiziari e di ciò che comporti l’esclusione degli avvocati che ne fanno parte dalla valutazione dell’operato dei magistrati e della loro professionalità; per non parlare delle procedure che consentono ai magistrati di presentare la propria candidatura al Csm.

La scarsa pubblicità fatta al Referendum

Per mesi il Referendum è passato sordina, non ha acceso il dibattito, ha mobilitato poco i partiti e ancor meno gli elettori. Nelle ultime settimane anche nei più importanti salotti televisivi che hanno come tema principale quello politico si è parlato molto poco di questo Referendum. Il dato di conoscenza dei quesiti referendari è stato bassissimo, solo l’82% degli elettori sapeva che il 12 giugno ci sarebbe stata la chiamata alle urne.

 

Antonio Cacciapuoti

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