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La prosa onirica di Muriel Barbery in ‘Vita degli Elfi’

La prosa onirica di Muriel Barbery in ‘Vita degli elfi’ ingaggia una danza perpetua al ritmo delle stagioni e dei cuori di Maria e Clara.

Conosciuta per il romanzo ‘L’eleganza del riccio’ Muriel Barbery scrive e pubblica ‘Vita degli elfi’ per Edizioni E/O in Italia nel 2017. Da ricordare dell’autrice ‘Estasi culinarie’, ‘Una rosa sola’ e ‘Uno strano paese’, editi Edizioni E/O.

Recensione

Premetto che si tratta di un libro che possiede un connubio tra registro poetico, rutilante e bucolico. La prosa onirica di Muriel Barbery in ‘Vita degli elfi’ lascia stupefatti e stupiti di come le stagioni seguano un ritmo basato sul sottile equilibrio tra rispetto, capacità di pensiero e forza di volontà per il cambiamento teso a un mondo migliore. Da un lato la scelta produce una certa pesantezza per la quantità di contenuti linguistici e narrativi presenti anche in un solo paragrafo. D’altro canto sarebbe stato impossibile veicolare le vicende di Maria e Clara con un registro e uno stile esulanti da uno specifico stile linguistico.

E siccome quello è il paese in cui il buon Dio e la leggenda eccetera eccetera, si atterrano a questa risposta e continueranno soltanto a vegliare sulla bambina come se vegliassero sul santo Sepolcro.

Seconda premessa, la preparazione di Barbery spazia in innumerevoli campi della conoscenza. In ‘Vita degli elfi’ vi è una ricerca sotterranea del legame che unisce gli elfi agli umani e i loro mondi, tanto che ho pensato a quanto i conflitti e gli eventi narrati siano, a mio avviso, paragonabili alla civetta della filosofia e alla talpa dello spirito che lavora ciecamente verso un fine ignoto. Il paragone ha ‘scavato’ quando una delle protagoniste, Clara, si scopre in grado di vedere Maria senza poter agire. Tanto che Maria, dall’altro lato, immersa nelle campagne della Borgogna, agisce nella sua quotidianità senza sapere verso dove le sue azioni tendano.

La lepre e il cinghiale vegliano su di voi quando camminate sotto gli alberi.

Solo nel momento cruciale le due bambine si scopriranno unite tanto nell’eguaglianza della loro anima quanto nella diversità delle modalità con cui il mondo si svelerà nell’universalità.

In un’ultima ronda folgorante e fugace distinse ogni viso e ogni luccichio di lacrima. Poi tutte scomparvero, ma nelle giravolte della memoria condivisa il loro messaggio era passato.

Maria e Clara, come anticipato, sono due bambine. La prima è giunta in Borgogna e vive con una famiglia di contadini tra la bellezza lirica e la gioia delle stagioni. Segue il ritmo degli animali, delle piante, delle vite assidue del lavoro. Riesce a percepire la dignità di uomini e donne che la amano e la circondano di libertà e affetto. La seconda vive sulle montagne abruzzesi, in cui scopre la sua capacità di cantare le storie della natura e delle persone attraverso il pianoforte. Clara trova un maestro che la porta a Roma, luogo in cui incontra le narrazioni di un remoto passato. Il presente e il futuro, per Clara e Maria, perdono i confini mentali e spaziano nella multidimensionalità del ‘ciò che avviene’ e del ‘ciò che verrà’, senza seguire la linearità della temporalità.

«Nessuno meglio di me può capire cosa prova chi è inadeguato al mondo che l’ha visto nascere».

Ti ringrazio per avermi letta e ti auguro un incantevole viaggio nel libro ‘Vita degli elfi’ di Muriel Barbery.

Redazione

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